La presenza degli Usa in Israele e la storia della base segreta nel Negev

Nell’agosto 2023, circa due mesi prima che Hamas sferrasse il suo brutale attacco contro Israele, il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aveva assegnato un contratto da circa 36 milioni di dollari per l’ampliamento di una cosiddetta «area di supporto vitale» nel deserto del Negev, a solo 20 miglia dalla Striscia di Gaza. Tutto è avvenuto in piena trasparenza e infatti, sul sito del Pentagono, in un documento datato 2 agosto 2023, viene contestualizzata questa decisione di politica militare spiegando, come evidenziato da The Intercept, che i lavori «saranno completati entro il 30 agosto 2026».

Perché nemmeno la base Usa nel Negev è riuscita a intercettare la minaccia di Gaza

Quello che gli Usa hanno deciso di rafforzare è l’area denominata sito 512, una base che ha lo scopo di monitorare i cieli per prevenire eventuali attacchi missilistici contro lo Stato di Israele. Eppure non è stata in grado di anticipare, sventare o neutralizzare l’operazione Diluvio di Al-Aqsa lanciata da Hamas il 7 ottobre. Questo perché la base è stata realizzata in funzione anti-iraniana: è infatti sulla minaccia rappresentata da Teheran che si concentra l’attività di prevenzione del sito 512. Nel tentativo di contrastare la Repubblica islamica – che sostiene sia Hamas sia Hezbollah in Libano – il Pentagono ha notevolmente ampliato la sua presenza in Medio Oriente. In seguito all’attacco del 7 ottobre, gli Stati Uniti hanno raddoppiato il numero di aerei da combattimento nell’area e hanno schierato due portaerei al largo delle coste di Israele. Oltre a potenziare la base del Negev.

La presenza degli Usa in Israele e la storia della base segreta nel Negev
Joe Biden con Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant (Getty Images).

Le ambiguità sulla reale funzione del sito 512

La reale funzione del sito 512 resta tuttora ambigua. A svelarne la realizzazione fu nel 2017 Voice Of America che annunciò la costruzione della prima base militare Usa all’interno della Scuola di difesa aerea dell’Idf, nel sud del Paese. Questa versione, dopo essere stata confermata anche dal generale dell’aeronautica israeliana Tzvika Haimovitch, che parlò addirittura di «evento storico», venne poi corretta a stretto giro dall’esercito Usa che derubricò il sito in costruzione a semplice «struttura abitativa» destinata al personale in servizio nella base preesistente controllata dagli israeliani. In ogni caso, come fu anche notato all’epoca da The Times Of Israel, la base avrebbe avuto delle funzioni operative importanti in termini di difesa del territorio. Il principale obiettivo era la copertura da attacchi missilistici di corto, medio e lungo raggio, cioè da Gaza, dal Libano e dall’Iran. In alcuni documenti la base è definita “luogo di sicurezza cooperativa”, un’espressione che indica una presenza militare minima e dai costi contenuti, ma che è usata anche per indicare basi in grado di ospitare fino a 1000 soldati. Non semplici caserme, insomma.