Il generale Chiapperini spiega come procede la controffensiva ucraina dopo l’accerchiamento di Bakhmut


L'intervista di Fanpage.it al generale Luigi Chiapperini sulla controffensiva ucraina dopo che Kiev ha annunciato di aver accerchiato Bakhmut con i russi in trappola: "Morire per questa città per i russi e gli ucraini ha un senso, anche se terribile. Se dovessero riuscire a isolarla completamente, le forze circondate all’interno dell’abitato non fornirebbero più alcun valore aggiunto alla difesa complessiva russa".
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Giovanna Botteri: “Frustrazione razziale e sociale dietro scontri in Francia per la morte di Nahel”


L'intervista di Fanpage.it a Giovanna Botteri, giornalista corrispondente della Rai da Parigi: "Non sappiamo se la calma raggiunta in Francia dopo il caos scoppiato a seguito della morte di Nahel sia relativa o meno. La frustrazione razziale è scoppiata insieme a quella sociale, già presente dopo le manifestazioni di marzo contro la riforma del sistema pensionistico. L'elemento distintivo dell'uccisione del 17enne? La presenza del video".
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In Moldavia c’è stata una sparatoria all’aeroporto di Chisinau

Un cittadino straniero ha aperto il fuoco all’interno dell’aeroporto internazionale di Chisinau, scalo della capitale della Moldavia. Ad annunciarlo è stato la portavoce della polizia, Diana Fetko, che ha spiegato come gli agenti fossero già all’aeroporto e che alcuni voli hanno subito dei ritardi. Gli spari hanno allarmato i passeggeri, fuggiti all’impazzata come testimoniano alcuni video sui social. L’agenzia russa Tass ha riportato una nota del ministero dell’Interno moldavo in cui si racconta la vicenda: «Uno straniero a cui è stato vietato l’ingresso nel Paese, ha aperto il fuoco contro una guardia di frontiera e poi si è barricato in una delle stanze. Le persone sono state evacuate dall’edificio».

Un uomo ha aperto il fuoco all'interno dell'aeroporto internazionale di Chisinau, in Moldavia
Poliziotti dei servizi speciali in Moldavia (Getty).

Il primo bollettino parla di due persone uccise

Il primo bollettino diramato dalle autorità parla di almeno due morti. Si tratta di una guardia di frontiera e di un civile. Su Twitter il portale dell’Est Europa, Nexta tv, ha raccontato l’arrivo delle forze speciali Fulger, che avrebbero isolato la struttura e fatto evacuare tutti. Poi la cattura dell’aggressore, che è rimasto ferito in una delle sparatorie ed è stato arrestato. Lo confermano anche i media locali. Secondo Reuters, che cita fonti all’interno dei corpi speciali di polizia moldavi, l’uomo è arrivato dalla Turchia ma non ha ricevuto l’autorizzazione per entrare in Moldavia.

Per i media moldavi l’aggressore è un russo della Wagner

Pulse media, ripreso anche dagli altri quotidiani e portali moldavi, ha rivelato un’indiscrezione secondo cui l’uomo che ha aperto il fuoco sarebbe un cittadino russo della milizia Wagner.

Uk, Sunak attaccato dalle opposizioni per aver usato una penna cancellabile

Una penna cancellabile per firmare i documenti ufficiali. Questa è la nuova accusa mossa da Labour e Lib-Dem al premier britannico Rishi Sunak, prendendo spunto da un articolo del Guardian. Il primo ministro utilizza una Pilot V, una penna stilografica molto diffusa in tutta la Gran Bretagna, dal costo di 5 sterline. Il problema è l’inchiostro cancellabile. E così il quotidiano inglese ha sottolineato la caratteristica e ha avanzato dubbi sul suo utilizzo. Sunak è ritratto con la penna in mano in molte foto, sia durante i consigli dei ministri a Downing Street sia recentemente, quando a Windsor si è incontrato con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, per annunciare l’accordo tra Regno Unito e Unione Europea sull’Irlanda del Nord.

Il premier Sunak usa una penna cancellabile per i documenti ufficiali: le opposizioni lo attaccano
Rishi Sunak lascia Downing Street (Getty).

Sunak ha firmato molti documenti ufficiali con la penna Pilot V

Così il Guardian ha riesumato foto e video relativi agli ultimi anni, scoprendo che Sunak ha utilizzato la Pilot V anche da cancelliere dello Scacchiere, cioè da ministro delle Finanze, durante l’ultimo governo Boris Johnson. Andando a ritroso si scopre che il premier ha firmato molti documenti ufficiali di Downing Street con questo tipo di penna cancellabile e, sembrerebbe, anche tanti altri da ministro. Tra gli esempi citati dal quotidiano, c’è la firma sull’accordo bilaterale raggiunto dal Regno Unito con la Svizzera, ormai due anni fa.

Dall’opposizione accuse e sarcasmo. Downing Street: «Mai cancellato nulla»

Intanto le opposizioni insorgono. A protestare sono Labour e Lib-Dem, tra chi accusa il premier sottolineando la possibilità di cancellare le firme e chi lo attacca con sarcasmo. C’è chi scrive, ad esempio, che «neanche con la Pilot V Sunak riuscirà a cancellare i disastri fatti dal governo suo e di 13 anni di esecutivi conservatori». Dall’altra parte, il governo reagisce. La portavoce di Sunak da Downing Street risponde: «Questa penna è comunissima, è usata da milioni di britannici e anche a Whitehall è molto diffusa. Inoltre, il primo ministro non ha mai cancellato nulla delle sue note e dei suoi appunti sui documenti ufficiali».

Il premier Sunak usa una penna cancellabile per i documenti ufficiali: le opposizioni lo attaccano
Il primo ministro Rishi Sunak (Getty).

Rischio guerra civile in Russia: “Prigozhin non può rovesciare Putin, ma il suo potere si sgretola”


Il colpo di mano militare del leader della Brigata Wagner non può determinare la caduta di Putin, ma il sistema di potere ormai è compromesso. Difficile pensare che Putin mantenga l'ordine. Intervista a Giovanni Savino, docente dell'Università Federico II di Napoli e dell'Università di Parma, esperto di politica interna russa.
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Parigi, fortissima esplosione vicino al Louvre: crolla un palazzo, persone sotto le macerie


L'esplosione, e il successivo incendio, pare sia stato causato da una fuga di gas, ci sarebbero 16 feriti, di cui 7 gravi. Una colonna di fumo è ben visibile nel V arrondissement, non lontano dal quartiere latino, nella capitale della Francia. L'edificio coinvolto è sede di una scuola di musica americana, la Paris American Academy. Aperta un'inchiesta.
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Europee, Meloni e il risiko delle alleanze

Dopo aver terminato l’incontro con il presidente tunisino Kais Saied l’11 giugno scorso, Ursula von der Leyen ha scelto di aprire la conferenza stampa, senza giornalisti e senza domande, con una frase che aveva il sapore di uno slogan elettorale: «Siamo qui come team Europa». Alla sua destra Giorgia Meloni e a sinistra il premier olandese Mark Rutte. I tre erano volati alla corte di Saied per provare a strappare un accordo sui migranti. Soldi, tanti, per convincere la Tunisia a trattenere chi prova a fuggire da un Paese al limite del collasso sociale ed economico. Una soluzione che il presidente tunisino, da più parti criticato per il suo autoritarismo, non ha voluto, per ora, accettare.

Europee, Meloni e il risiko delle alleanze
Meloni e von der Leyen al G7 di Hiroshima (Getty Images).

Von der Leyen tra Meloni e Rutte: a Tunisi la fotografia del ‘team Europa’

Al di là dei contenuti di una missione che non sembra aver raggiunto obiettivi significativi, resta la foto dei tre leader. Insieme, nel nome dell’Europa. «L’istantanea di Tunisi assume un significato soprattutto se si osserva il cambiamento politico di Giorgia Meloni», spiega a Tag43 Federico Ottavio Reho, coordinatore della ricerca del Martens Centre, think tank ufficiale dei Popolari Europei. «L’approccio euroscettico, che aveva caratterizzato le sue posizioni prima di diventare premier, sembra ormai accantonato. La trasformazione di Fratelli d’Italia in una forza di sistema appare completa». È dunque un fatto che Giorgia Meloni in pochi mesi abbia scelto di cambiare abito: da spauracchio ad architrave del “team Europa”, consapevole della grande occasione che le si presenterà con il voto alle prossime elezioni europee nel giugno del 2024. Sola non può vincere, alleata può essere determinante. In questa chiave, la foto di Tunisi sembra anticipare ciò che potrebbe succedere tra un anno esatto. La popolare von der Leyen, al centro, alleata a destra con la conservatrice Meloni e a sinistra con il liberale Rutte. «Non è sbagliato pensare», sottolinea Reho, «che alle prossime elezioni europee si formi un’alleanza tra Liberali, Popolari e Conservatori. E non sarebbe un inedito visto ciò che è successo, ad esempio, con l’elezione di Roberta Metsola a presidente del Parlamento europeo. Per il Ppe i cardini su cui costruire un’intesa sono sempre gli stessi: europeismo e atlantismo. A partire da questo poi si discuterà con chi allearsi e su quali programmi». Non a caso l’ultimo viaggio a Roma del presidente dei Popolari Europei Manfred Weber è servito a mettere sul tavolo le condizioni dei Popolari. Sia alla premier, a cui ha aperto le porte sbarrandole ai suoi alleati più scomodi (come il Pis polacco e Vox spagnolo), che a Matteo Salvini, il cui avvicinamento al Ppe è condizionato alla separazione da Marine Le Pen e dal gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà. Tuttavia, pare difficile immaginare che i due azionisti di maggioranza del governo italiano scelgano di scaricare i propri amici e alleati europei.

Europee, Meloni e il risiko delle alleanze
Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied e Giorgia Meloni a Tunisi (dal profilo Twitter di Ursula von der Leyen).

Meloni e la politica dei due forni, ma con i sondaggi alla mano

Certo è che più si avvicinano le decisioni da prendere a Bruxelles, più Meloni pare allontanarsi dalle proprie origini politiche. Basta pensare a cosa è successo lo scorso 8 giugno. Dopo una lunga trattativa, i governi Ue hanno approvato, a maggioranza, il Patto immigrazione e asilo, un accordo che rivede in parte le regole del trattato di Dublino sugli sbarchi e sull’accoglienza dei migranti. L’Italia ha votato a favore, si sono astenuti, neanche a dirlo, gli alleati polacchi e l’Ungheria dell’amico Orban. Il giorno dopo quello strappo, però, la premier ha scelto la masseria di Bruno Vespa per dare un segnale distensivo ai vecchi amici, difendendoli dalle accuse di autoritarismo: «Polonia e Ungheria sono sicuramente delle democrazie, più giovani delle nostre. C’è un lavoro che va fatto per rafforzarle, io farò la mia parte. L’Ue non è un club, non ci sono nazioni di serie A e B». Meloni per ora sembra affidarsi alla democristiana politica dei due forni, in attesa di scegliere da che parte stare. Accanto alle alleanze ci sono però i numeri. Per avere la maggioranza nel Parlamento europeo servono 353 seggi e, guardando sondaggi e proiezioni, a oggi l’accordo con Popolari e Liberali non basterebbe per raggiungere quel risultato. Il sito Europe Elects che monitora le rilevazioni demoscopiche europee, ha messo nero su bianco questo scenario: il Ppe avrebbe una forchetta tra 150 e 166 seggi, i Conservatori tra 75 e 86, i Liberali tra 79 e 95. Così sommata la migliore delle ipotesi farebbe 347. «Un’alleanza Popolari, Liberali e Conservatori», conclude Reho, «potrebbe non bastare per avere la maggioranza. A quel punto sarebbe necessario un accordo con i socialisti. Ed è evidente che la presenza o meno dei Conservatori in una coalizione più ampia farebbe la differenza e sarebbe decisiva nell’orientare le scelte politiche del prossimo Parlamento e della prossima Commissione europea». E dunque per essere protagonista della legislatura che verrà, Meloni potrebbe dover accettare anche il compromesso più duro: un’alleanza con i ‘nemici’. Anche questo è far parte del “team Europa”, onori e oneri.

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